29 marzo 2007

Miles, il Maestro...

Non da imitare, forse da invidiare per certi versi, come uomo; indubbiamente serio sul lavoro, tanto da essere considerato fra i più stronzi.

Avendo io letto la biografia ufficiale tratta da interviste con Quincy Troupe, un pezzo di giornalismo e di storia della musica e della cultura afroamericana, mi piace ricordare un episodio particolare.

Quando smise di lavorare, dal 1976 al 1980, dopo 37 anni di intensa attività, a riportarlo sulle scene fu l'interessamento di una delle poche persone che continuva a incontrare, il nipote Vince Wilburn, figlio della sorella Dorothy, che suonava la batteria.

Durante i primi anni del suo ritorno, Miles lo accolse nel suo gruppo, ma non ne fu soddisfatto.

La famiglia Davis si era stabilita a East St. Louis, Illinois, e lì erano cresiuti i tre figli del dentista Miles Henry Davis, padre del Maestro. La figlia viveva con la propria famiglia a Chicago.

Ora, dopo aver esortato il nipote ad impegnarsi maggiormente, decise di cacciarlo, proprio prima di un concerto a Chicago, cui avrebbero assistito tutti i suoi amici. Il cognato e la sorella si arrabbiarono moltissimo: Miles fu inamovibile. Non tollerava cazzate sul lavoro, sebbene ne abbia combinate parecchio...

I suoi colleghi potevano fare quello che volevano giù dal palco, ma il lavoro doveva essere svolto seriamente.

Questo vuol dire fare una squadra vincente: non badare al cuore, dare una possibilità a tutti i volenterosi, mettersi sempre in discussione e rinnovarsi ognora.

Chi è inetto si circonda di incapaci. Chi non è umile, chi non si rimette in discussione, meriterebbe di cadere nella polvere.

Come disse Bersani (il ministro dell'attuale Governo italiano): non è giusto che per avere un posto o un favore ci si debba appellare a conoscenze altolocate. Questo è un residuo del clientelismo più deteriore, è nepotismo, è mafia.

13 marzo 2007

Concreto o Astratto? Reale o Immaginario?


Durante il passato autunno, fin al Natale, ben sfruttando la terribile Odissea ferroviaria che mi ha condotto a casa, ho letto due testi di grande interesse per il pensiero scientifico e il significato della Scienza: l'Evoluzione della Fisica di A. Einstein e L. Infeld e Apologia di un Matematico di G. H. Hardy, disponibile, mancante di prefazione in formato elettronico.

In entrambi, si affermano due questioni apparentmente contradditorie - non cito i brani esatti per mancanza di tempo e pazienza.


Partiamo da Albert, che fu entusiasta di scrivere questo piccolo trattato senza formule, ma di grande chiarezza (sebbene non nasconda lo scetticismo per
la quanto-meccanica): la fisica moderna, che è assai complicata e richiede grandi sforzi di astrazione per quanto concerne il formalismo matematico, è sostanzialmente più semplice perché in grado di spiegare chiaramente un maggior numero di fenomeni e di includere in poche strutture eventi apparentemente incorrelati.
E poi il sommo matematico inglese: la matematica è reale, visione platonica, e il matematico che studia la propria realtà, arriva a verità eterne, con le proprie dimostrazioni (ammesso che esistano dimostrazioni per l'oggetto di studio, Goedel dimostrò l'incompletezza della matematica...),

317 is a prime, not because we think so, or because our minds are shaped in one way rather than another, but because it is, because mathematical reality is built that way.


Invece per quanto possiamo riflettere sulla realtà fisica, arriveremo sempre a spiegazioni più sofisticate, che astraggono sempre più dal particolare, ma non arrivano ad affermare perché una sedia sia una sedia, ma a dire di volta in volta che sarà un insieme di frenetici elettroni e nuclei atomici o dettagli ancora più profondi.

Chiaramente sono più del parere di Einstein, perché la complicazione della forma è data dalla limitatezza della nostra mente e dei nostri apparati di percezione, che ci costringe a usare strumenti sofisticati, che in definitiva semplificano il quadro concettuale della descrizione della Natura; come sapete la grande sfida di oggi è la grande unificazione.

Finora abbiamo teorie dei campi quantistiche per 3 interazioni fondamentali: elettromagnetica, forte e debole. Questo è il cosiddetto modello standard, che tratta di particelle elementari e loro interazioni. Ma la gravità?

La Relatività Generale, che tratta di Gravitazione, riconducendola ad un problema di natura geometrica, la forma dell'Universo, in quanto plasmata dalle masse ed energie che lo "popolano", è intrinsecamente incompatibile con il modello standard; si parla di strutture geometriche lisce contro l'indeterminazione su scale subatomiche, ossia squotimenti irrefrenabili...

Se volete comprendere il significato di uno spazio curvo, pensate alla superficie terrestre. Se volete andare da Los Angeles a Tokyo, il percorso più breve, segmento di un cerchio massimo (circonferenza il cui centro è centro della sfera), si dirige verso Nord, per poi tornare a Sud. Così, un corpo in uno spazio curvo (in 4 dimensioni), tende a percorrere le strade più brevi; la curvatura dipende dalla distribuzione di grandi masse nelle vicinanze. Così come ci meravigliamo dell'attrazione gravitazionale fra corpi, ci stupiremmo, vivendo in 2 dimensioni sulla superficie terrestre, se confrontassimo le misure di cammini diversi da quello, curvo, estratto da una circonferenza massima, trovandoli più lunghi.

In definitiva, però, nella fisica tutto cade, quindi scopriremo i limiti delle teorie di oggi. Siamo in un epoca in cui abbiamo molti dati sperimentali, ma non tutto sembra occupare il proprio posto. Speriamo i nostri colleghi fisici teorici sappiano toccare i giusti tasti dell'organo cosmico.

Però come è bello sapere che quello che si è ottenuto, sarà per sempre... Ma forse la realtà e correttezza delle dimostrazioni dipende dal gusto dei propri pari e dal rigore dell'epoca in cui si vive.

12 marzo 2007

Bertinotti

...un sognatore vuole spedirci nell'incubo...

Ier sera il solito Fazio, simpatico conduttore di talk show, ha ospitato l'On. Bertinotti, il Comunista ricoperto di cachemere.

Alcune affermazioni da sottolineare che ribadiscono l'assoluta pericolosità del personaggio:
  • il fatto che il progresso basato sulla scienza e la tecnologia siano esauriti;
  • auspicare la fine del capitalismo;
  • sbandierare i diritti da garantire ai cittadini.

Io penso che a diritto corrisponda necessariamente un dovere, escludendo vita, salute e non-discriminazione. Se delinquo non posso votare, se non mi voglio impegnare sul lungo termine con un altra persona, non devo poter essere tutelato come famiglia...

Quindi, la solita retorica che demonizza il denaro, proprio in un paese dove gli imprenditori non sono mediamente dei magnati con garage pieni di Ferrari. Penso sia molto più sporco il denaro nelle mani della politica, in cui una classe di parassiti senza arte, ma con parte, è letteralmente ancorata al potere.

Infine, contro la retorica della scienza schiava dei poteri forti, cosa può esistere senza la tecnologia, che ci ha allungato e facilitato la vita? Cosa meglio della Scienza ci può sottrarre alle tenebre e alla superstizione? E poi non furono forse i Sovietici a spingere senza ritegno per l'umanità i loro sforzi tecnico-scientifici (Chernobyl docet), mantenendo ancor oggi prestigiose scuole di discipline pure e applicate?

Basta idealisti, basta vecchi tromboni!

02 marzo 2007

Era una notte buia e tempestosa...

Come Snoopy comincia sempre il suo romanzo, io comincio il primo dei flash-back sul mio anno Grenoble.

Io partii pensando di andare in un posto di tecnologie avanzate, molto avanzato anche socialmente, e che in Francese scopa si dicesse granadel.

Mi sbagliavo perché scopa si dice balai e non ho notato tutta questa società aperta e progressiva, anzi si lotta con un orgoglio ridicolo di gente che pensa a valutare gli altri senza valutare se stessa, ricordando la pagliuzza e la trave. Su Time Ridley Scott, che ha casa in Provenza dice che noi e i francesi sono molto attenti siamo molto attenti al "vivere". Vero. Ma esprime proprio il difetto "The French are always assessing".

Comunque appena arrivati, smarrimento fra i lungo fiume (che sono a senso unico e per ritornare indietro bisogna trovare un ponte...). Cena in una brasserie con camerieri maleducati e cattiva cucina (che non ho quasi mai trovato, sono molto contento per questo...).

I concorsi

Siccome da qualche giorno il Resto del Carlino (RdC) pubblica scandali universitari e siccome lessi qualche mese or sono (costruzione modellata su il y a quelques mois) un interessante intervento sul Corriere della Sera (CdS) a proposito dei concorsi pubblici, vi propongo la rivoluzione Copernicana.

Siccome i concorsi pubblici sono provati essere spesso falsati da ingerenze, corruzione, inefficacia dei metri di valutazione (è difficile comprendere il valore di una persona da un tema), in modo che trionfa spesso la cooptazione informale, mascherata da impersonale decisione di commissari che non hanno responsabilità nella scelta, si passi dunque alla cooptazione formale: un gruppo di responsabili dell'organizzazione, che necessità di personale, scelga direttamente, su base di propri criteri e in piena responsabilità, le persone desiderate.

Ma poi esista una valutazione dell'organizzazione che stimi le prestazioni della stessa e premi solo quelle più efficaci, con maggiori finanziamenti o punisca le peggiori, riducendo le retribuzioni dei dirigenti responsabili.

Pensate solo che in Italia non esiste una valutazione vincolante della ricerca scientifica, che in altri paesi è il parametro fondamentale per assegnare fondi a un istituto.

Pensate che l'unica valutazione finora fatta dei dirigenti della Pubblica Amministrazione (PA) è risultata in un premio massimo generalizzato: sono tutti eccellenti o i valutanti corrotti?

Per questo parlo di importanza del merito, perché d'abitudine è sempre la prepotenza che vince.

Leggete questo...

Sono un sognatore. Ma non troppo inconcreto.