25 settembre 2007

Etica e Premi Nobel

Piccolo discorso sull'inaugurazione del forum segnalato qui accanto. Il seguito sarà stato senz'altro meglio, ma non ho avuto il tempo e la volontà di seguirlo.

Scenario augusto: Teatro Comunale.

Ospiti illustri: Richard Ernst (Premio Nobel chimica 1991), Tullio Regge (uno dei maggiori esperti di relatività generale).

Dopo il saluto di un emissario dell'Università di Bayreuth, che contribuiva all'organizzazione, parte il talk di Ernst.

Attacca con un pistolotto sul capitalismo, fonte di ingiustizia, povertà, corruzione, passa al valore del multiculturalismo, per poi denunciare la prepotenza degli USA e la supponenza del Vaticano.

Propugna una società solidale, l'unione asiatica, cita (a scopo di sminuirlo) il famoso brano di A. Smith sulla mano invisibile, per cui l'egoismo dei singoli si tramuta, nella qualità del loro operato, in beneficio per la comunità.

Commento del Rettore: "...questo intervento assai provocatorio mi fa pensare come sia bello poter dire di non essere d'accordo..." e poi "...io studio Smith e dò molto peso al ruolo e al contributo della cooperazione fra individui...".

Commento mio: se avessero chiamato Jovanotti o Manu Chao, avremmo ascoltato le stesse banalità senza "...vi intent to impruf...", dell'emerito dell'ETH.

Non nego che il mercato aumenti il divario fra ricchi e poveri, ma è falso che la ricchezza si debba innanzitutto distribuire: prima occorre crearla e gratificare chi la crea secondo il suo merito.

Certo che gli stipendi di molti chief executive officer, sono vergognosi: sarebbe bello come diceva Herr Ernst obbligarli a devolverli in opere di bene.

Meno male che Regge, denunciando come sempre i pregiudizi antiscientifici sempre più diffusi mi ha consolato. Abbasso i cocomeri della politica, Verdi fuori e rossi dentro, che pensano a danneggiare il progresso per essere tutti più uniformemente poveri!

Da qui, per finire, voglio denunciare l'atteggiamento di chi cerca consenso al proprio operato scientifico cercando di illustrarne i benefici: la Scienza serve a produrre conoscenza e comprensione dei meccanismi della Natura.

Come scrive Hardy in Apologia di un Matematico, la conoscenza è un piacere intimo, non è più importante o nobile il fisiologo che inventa una cura per una malattia e non bisogna averne maggior considerazione se questi scopi umanitari sono fra i suoi obiettivi. Il suo valore è nell'arricchire la sapienza umana, nella felicità con cui segue i suoi lavori: i benefici sono impliciti alla produzione di conoscenza, prima che alle sue ricadute tecnologiche o applicative o terapeutiche. Il sapere arricchisce l'Umanità in quanto tale e la Scienza senza gioco e curiosità non esiste.

Inoltre ogni settore si appoggia su tecnologie avanzate: miope la politica che bada alla medicina, iper-tecnologica, e non ai fondamenti per nuove applicazioni terapeutiche!




08 settembre 2007

Lettera al direttore Mazzucca

Durante le mie meditazioni estive, ho letto un rapporto dell'Unione Europea, che analizza lo sviluppo economico delle Nanotecnologie. Per me questo è particolarmente importante, perché ho visto chi le tecnologie le sviluppa veramente, chi ha la maestria per farlo, quali sono i costi da sostenere.

Inoltre, i discorsi di D'Alema sulla necessità di un impegno dei giovani mi hanno fatto un po' arrabbiare, essendo lo spazio concesso dai "vecchi giovani", che ormai sessantenni non mollano i posti conquistati con le loro "rivoluzioni", molto ridotto. Inoltre penso che bisogna pensare ad un futuro differente, e questo non lo può fare chi pensa di essere il profeta della modernità da 40 anni.

Questo mi ha indotto a scrivere una lettera al direttore del Resto del Carlino, non per vanità, ma perché mi sembra che far capire come si possa sentire chi lavora senza prospettive per il futuro. Inoltre, difetto dell'accademia italiana, non bisogna mai mollare un'azione di lobbying per indurre la classe dirigente a comprendere che 10 anni nella ricerca non sono molti, anche se essi vorrebbero risposte in tempi brevi per valorizzare il proprio mandato. D'altronde come avere più ricchezza per tutti se non si valorizzano le risorse umane che la possono produrre?


Egregio Direttore,

ormai la lettura delle notizie quotidiane mi sprofonda ogni giorno di più in uno stato di prostrazione e frustrazione.
Sono uno studente di dottorato di Ferrara, uno dei volenterosi che pur possedendo un titolo di studio appetibile (Ingegnere delle Telecomunicazioni), ha preferito continuare lo studio e dedicarsi alla propria passione per la Scienza.
Vedo il mio amato Paese avviato alla decadenza. Vedo che i ladri, i nani e le "ballerine" della TV sono ormai esempi di vita che suggeriscono mediante quali mezzi meschini raggiungere la ricchezza; vedo un oscurantismo che schiaccia da ogni direzione il progresso possibile: i Verdi che bloccano le infrastrutture, sindacalisti che difendono fannulloni, il Papa che crocifigge la Biologia. Vedo la diffidenza verso le tecnologie avanzate e chi spera di essere curato da santoni e maghi. Vedo il disinteresse e una punta di disprezzo verso coloro che vorrebbero impegnare il proprio intelletto per risolvere i problemi quotidiani di tutti, ma cui non si dà fiducia e mezzi economici. La lettura di un rapporto del 2005 dell'UE sulle ricadute economiche delle Nanotecnologie (che speriamo non siano affossate da qualche folle come le biotecnologie), mi ha confermato il nanismo del nostro Paese, che pure ha intelletti in grado di competere a livello internazionale. L'Islanda si distingueva per 19 istituti ed enti che lavorano nelle nanotecnologie, così come l'Italia per i 32, rispetto alle centinaia della Germania. Vedo infine studenti svogliati ed ignoranti, che scelgono spesso facoltà-parcheggio per arrivare ad un "pezzo di carta" qualsiasi.

In risposta al sollecito ministro D'Alema su un ruolo per i giovani, io vorrei impegnarmi per il progresso attraverso la pratica e la diffusione della Scienza.

Mi chiedo però se a questo punto si possa sperare in un futuro migliore o rassegnarsi ad un declino, cui molti pensano ormai.

La ringrazio per la Sua paziente attenzione e La saluto cordialmente.

Al termine della vicenda, ecco la pagina di giornale, con estratto della precedente lettera, con risposta del direttore.

Mi si potrebbe obiettare l'ovvietà dei ragionamenti e l'essermi rivolto a chi mi poteva dar ragione, ma non bisogna rinunciare a insistere su quello che è il bene di tutti.